Non è solo nel viso che portiamo i nostri padri.
È in quel modo di stare al mondo che ci definisce senza che ce ne accorgiamo.
Camminiamo avvolti da qualcosa che non vediamo ma che sentiamo. I loro insegnamenti, le loro paure vinte, i loro sogni.
Come un mantello che filtra la luce, cambiando come vediamo tutto.
A volte pesa, questa eredità.
Altre volte, è l’unica cosa che ci tiene in piedi quando tutto crolla. Rimane con noi, anche quando loro non ci sono più.
Non è una gabbia.
È una pelle che respira.
Un confine sottile tra chi siamo e chi saremmo potuti essere. Tra noi e tutto ciò che abbiamo ricevuto senza chiedere.
In piedi, con i piedi che toccano terra, sentiamo questa presenza vibrare con ricordi antichi.
Mani grandi che guidano mani piccole.
Voci che raccontano storie al buio.
Silenzi pieni di parole non dette.
Cresciamo, e quella presenza cambia.
Ma non sparisce.
Diventa più nostra, giorno dopo giorno.
Fino a quando ci accorgiamo che ora siamo noi a lasciare un’impronta su qualcun altro.
E così continua, di padre in figlio.
Una luce che non si spegne, ma si passa avanti.