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DA VENT'ANNI, IL CUORE DELLE IDEE.

the sound of art

2025-03-04 12:24

SM

the sound of art

Una grande stanza vuota. Le pareti sono bianche, il pavimento di cemento levigato riflette la luce che filtra da alte finestre. In fondo alla sala, solitario,

Una grande stanza vuota. Le pareti sono bianche, il pavimento di cemento levigato riflette la luce che filtra da alte finestre.


In fondo alla sala, solitario, è appeso un quadro astratto dai toni sfumati e leggeri.


Gli unici visitatori presenti sono Fulvio (un uomo sull’ottantina con i capelli rossicci e gli occhi vivaci, seduto su una panchina dal design minimale, completamente assorto nella contemplazione dell’opera) e Giacomo (più giovane, larga felpa e occhiali dalla montatura spessa) che entra nella sala consultando il suo smartphone.


FULVIO: Guardando queste onde di colore, mi chiedo quale suono abbiano fatto nascendo. Immagino il momento preciso in cui il pennello ha toccato la tela: forse è stato come il sospiro del mare sulla sabbia, o come il vento che accarezza un velo di seta...


GIACOMO: Mi scusi. Ho sentito le sue parole e... mi dispiace interromperla, ma credo debba sapere una cosa. Quello che sta guardando è stato generato da un computer.


F (continuando, perso nei suoi pensieri): ...vedo la mano che ha creato queste sfumature dal corallo all’azzurro, e quasi posso sentire il fruscio delicato delle setole del pennello...


G (sedendosi accanto a lui sulla panchina): Non c’erano setole e, no, niente pennello, signor... come si chiama?


F (senza distogliere lo sguardo dall’opera): Fulvio.


G: Io sono Giacomo. E mi creda, al posto del pennello c’era un algoritmo, una serie di calcoli matematici.


F (voltandosi lentamente): Allora... il suono del click del mouse? Non è forse uno dei pennelli del nostro tempo? Non è forse la mano dell’artista che si è estesa attraverso nuovi strumenti?


G: Mouse... già. Ma non capisce? Non c’è stato alcun suono reale. Guardi, posso mostrarle il processo di generazione...


F: E se anche il digitale avesse la sua musica? Se anche i pixel respirassero? Se chiudi gli occhi e ascolti, potresti sentire il silenzio del processore che dipinge, il battito del codice che crea. La bellezza non chiede permesso al mezzo che la genera.


G (abbassando il telefono): Ma... è artificiale.


F: Come i colori o il pennello che un pittore potrebbe acquistare online. O come la carrozzeria di una bella auto stampata da una pressa in una fabbrica Italiana. L’emozione è meno vera se nasce da qualcosa creato con un mezzo meccanico? (torna a guardare l’immagine) Senti... sta comunque sussurrando.


G (dopo una lunga pausa, guardando l’opera con occhi diversi): Io... non sento niente.


O: Devi solo riabituarti. Qualcuno un giorno disse che la bellezza è negli occhi di chi guarda. Forse dentro l’anima. Sta a te.


GIACOMO (togliendosi gli occhiali, parlando più dolcemente): Forse... forse potrebbe insegnarmi ad ascoltare?


FULVIO: Chiudi gli occhi, dimentica come è stata creata e lascia che ti parli comunque.


La luce del pomeriggio inizia a calare, creando nuove ombre e altre sfumature sull’opera e sull’arte. Mentre i due rimangono, finalmente, in silenzio.